Ferragosto: scene da italietta in un villaggio vacanze

Sicuramente più abbronzati, magari anche un po' più allegri ma sempre e comunque gli stessi. Con le virtù e, soprattutto, i vizi che tutti ben conosciamo. Gli italiani sotto l'ombrellone non cambiano, rimangono fin troppo fedeli ai clichè che ne caratterizzano gli atteggiamenti a casa, in ufficio, nel tempo libero e nella vita di tutti i giorni. E la loro voglia di farsi notare e mettersi in mostra, consapevolmente o meno, emerge soprattutto se per trascorrere le vacanze - una settimana, massimo due - vanno in un villaggio di quelli che i tour operator propongono e vendono (a peso d'oro in alcuni casi) con la formula "all inclusive".

Un ecosistema, un ambiente (il villaggio) che, senza particolari doti di fantasia - basta un po' di sano spirito di osservazione - diventa uno specchio fedele della società italiana di oggi, fatta di tante contraddizioni e stucchevoli abitudini. Di solito questa è materia per sondaggi più o meno veritieri, che vengono regolarmente sbattuti in prima pagina da alcuni telegiornali, dai mensili patinati o dalle riviste "gossippare" che dai tavolini delle sale d'aspetto si trasferiscono immancabilmente in spiaggia. Chi vi scrive ha avuto la possibilità di scattare varie istantanee di quello che è il Belpaese con le infradito ai piedi da una posizione privilegiata, da turista. Che in uno di questi villaggi vacanze (90 stanze, 250 persone in totale), in Sardegna, ci è andato quest'estate con la famiglia.

La sala ristorante: corsa al buffet e passerella per sfilare
Prima del breve viaggio fra signore in ghingheri e bulletti della piscina, furbetti della sala ristorante e maniaci delle attività di animazione una doverosa premessa: la vacanza in un villaggio è tutto fuorché una cosa da tutti. Fra viaggio e soggiorno occorrono qualche migliaio di euro e buon per chi, prenotando mesi prima, ha potuto beneficiare di qualche sconto o promozione speciale. Ma veniamo all'italietta del villaggio vera e propria. La prima prova di vita in comune è nella sala ristorante.

Molto può dipendere dal cibo proposto (totalmente a buffet) e dal servizio ma detto che la qualità del primo era ottima e quella del secondo decisamente meno, come si spiega la corsa scomposta (fare la fila non è nel Dna del popolo italico, mamme con bebè comprese) ad accaparrarsi il pasto caldo, la foga di riempire il piatto all'inverosimile con il fine ultimo di lasciare avanzi da far impallidire chi con la fame combatte giornalmente? Siamo forse in tempo di guerra o di carestia? Sindrome da supermercato e da sconti 3x2? Oppure l'incosciente e superficiale baldanza del sentirsi in diritto di fare quello che si vuole perché si è pagato e il cliente ha sempre ragione, anche quando è maleducato e se ne infischia dei diritti altrui?

Pranzo e cena, inoltre, sono quindi l'occasione per mettere a fuoco il livello di vanesia (quale migliore occasione per sfilare davanti a tutti) o sana noncuranza formale degli ospiti del villaggio. La miscellanea sembra quasi curata ad arte: signore truccate e con pareo firmato d'ordinanza il giorno e abito lungo con spacco e pajettes la sera sembrano venire da un altro pianeta rispetto ad altre che preferiscono comodi indumenti (comunque sempre dignitosi) in ogni momento della giornata. Signori in maglietta e sandali griffati a mezzodì e perfetti nell'abbinamento scarpe, pantaloni e camicia per l'apparizione serale prendono virtualmente le distanze da chi siede ai tavoli in canotta e bermuda e si concede al massimo il lusso di t-shirt e jeans. Fortuna vuole che, in alcuni casi, sotto il vestito (qualunque esso sia) si celino persone che in vacanza hanno portato anche il cervello e con le quali si può piacevolmente conversare del più e del meno, dei problemi della prole come di politica e pallone.

Fare conoscenza, al villaggio, può essere un'impresa facilissima, per chi ha fra le priorità della vacanza l'agenda del programma di animazione, quanto ardua, se si è abituati a scegliersi la compagnia e non a subirla. La libertà, in questo campo, è sovrana, meno quella di intavolare a voce alta discorsi davanti alla finestra del vicino a serata finita, quando (siamo a mezzanotte passata) anche l'ultimo degli animatori ha deciso che è tempo di chiudere con musica, balli, cabaret e karaoke. E scoraggiare i chiacchieroni della notte del villaggio può anche essere rischioso, almeno per il proprio umore…

Egoismi da spiaggia e bullismi da piscina: due lettini non bastano, meglio quattro
In Sardegna ci si va per il mare e tutti sanno che starsene sdraiati sul lettino a cinque metri dal bagnasciuga è una cosa e doversi accontentare di un posticino arroventato lontano 30 è tutta un'altra. E allora cosa scatta nella gente del villaggio la mattina, quando il gruppo degli animatori (per altro bravi quanto invadenti il giusto) opera in forze sulla spiaggia? Scatta la corsa per accaparrarsi il lettino migliore, possibilmente quello davanti a tutti e non troppo vicino all'altoparlante del dejay che attacca alle 10.00 e stacca alle 12.30.

Chi prima arriva meglio s'accomoda: è una regola che se bene applicata torna buona anche qui, peccato che c'è sempre qualcuno che ne abusa oltre ogni limite. Come? I lettini assegnati a ogni camera sono due (con relativo ombrellone) ma c'è chi di comodi giacigli se ne appropria con ogni mezzo possibile quattro (così sono tutti accontentati: marito, moglie e figli) e già che c'è ne occupa almeno altri due per la coppia di amici. Chi si attarda a letto o a far colazione è servito. E per non ustionarsi i piedi gli tocca inventarsi dribbling degni di Maradona per raggiungere il mare e l'agognato bagno nell'acqua trasparente o rispondere all'appello dell'immancabile torneo sportivo e dei balli gruppo.

La scena, con sfumature diverse, si ripete in piscina. Occupare lettini e ombrelloni (che oltretutto sono in numero ridotto rispetto alla spiaggia) non si può ma basta buttare l'occhio appena dopo pranzo per vedere l'azzurro specchio d'acqua artificiale vuoto e una distesa ordinata di asciugamani a tenere caldo il posto a chi - dopo la siesta pomeridiana - si accomoderà in piscina per non perdersi il resto del menu di giornata. E quando i protagonisti non sono le ragazze e i ragazzi dell'animazione in maglietta, microfono e taccuino d'ordinanza ecco che scendono in campo i bulli del villaggio: adolescenti che prendono la piscina come il loro personale parco giochi - fatto di tuffi (vietati), schiamazzi e quant'altro – spalleggiati da tolleranti e accomodanti genitori e vanamente redarguiti da uno scoraggiato bagnino. Scene viste e riviste nei quartieri e nelle città dove abitiamo, fedelmente riproposte sotto il solleone e senza nessuna censura per gli ospiti paganti. Che almeno non fanno a gara a far trillare l'ultima stravagante suoneria scaricata sul proprio telefonino.

Si balla, si gioca, si litiga… e si paga. In contanti e senza ricevuta
Un'altra faccia, altrettanto esemplificativa, dell'italietta del villaggio è quella che prende forma con il gioco, sebbene confezionato su misura. Che c'è di male nel sentirsi coinvolti tutti insieme in un'attività che piace, che si chiami acquagym o beach volley? Nulla, anzi. Lo sport e il movimento fanno bene, alla salute e allo spirito, ma se un insignificante torneo di calcetto diventa il pretesto per alzare paroloni e pure le mani (neanche fosse la finale della Champions Leaugue) allora è meglio lasciar perdere le velleità motorie e concedersi senza problemi un buon pasto abbondante bagnato da un vino accettabile, prima di iniziare il massacrante turno di baby sitting dei propri figli.

Forse si è trattato di un episodio, ma la sensazione personale è la seguente: perché ci si prende sempre tremendamente sul serio quando si rincorre un pallone (o lo si guarda dalle tribune di uno stadio o alla Tv) e spesso si alzano le spallucce quando si tratta di affrontare questioni che serie lo sono per davvero? Sarà mica per vantarsi, una volta tornati a casa, della patacca premio ricevuta sul palco dell'animazione per averlo vinto, il torneo di calcetto, bocce, canoa, tennis e via dicendo?

Per completare lo spaccato di un Paese che, anche in vacanza, offre la sensazione di non aver la minima voglia di crescere manca un'ultima immagine. Quella che immortala il ruolo giocato da chi il villaggio lo gestisce e attraverso il quale ci campa e assai bene, credo. Ecco quindi la ciliegina sulla torta: gli extra da pagare in loco (servizi di lavanderia, bar e altro) vanno saldati in contanti perché il sistema Pos non funziona e del tecnico non c'è minimante l'ombra. La carta di credito rimane nel portafogli e tocca correre a fare la coda al Bancomat del paese più vicino.

Va bene così, anche se siamo in Sardegna in un villaggio di un noto operatore turistico e non in una pensione di una sperduta isola greca. Di ricevute, per gli extra, non se ne parla - e questo, proprio, non va bene - e nella foga dei preparativi della partenza ci si dimentica di chiederle, prendendo commiato dalla (scortese) signorina della reception con il classico saluto d'ordinanza: "ci vediamo l'anno prossimo". Per vedere se l'italietta del villaggio è migliorata un pochino.

E' un po' lungo ma ho preferito riportarlo tutto anzichè rimandare al link... tanto siamo a ferragosto, ed il tempo di leggerlo c'è in abbondanza...
Molto vero quello che c'è scritto... sicuramente quello che riguarda il buffet e gli asciugamani in spiaggia (eredità dei tedeschi...), un po' meno vero per quello che riguarda il resto...

E meno male che la gente in vacanza si dovrebbe rilassare in questomodo secondo me torna a casa piu' schizzata di prima!

Però certe situazioni si possono evitare... ad esempio, non andando al ristorante tutti nello stesso orario.
Dopo il primo giorno si sa benissimo qual è l'orario di punta. Io lo evito.
Per il pagamento degli extra non ho mai avuto problemi: o li si addebita alla camera o sono all inclusive.
Concordo pienamente sulla maleducazione di chi si riempie il piatto e poi praticamente ne mangia si e non un quarto. Uno schiaffo alla miseria ed alla fame nel mondo.
Però sono sincera: le mie esperienze di villaggio sono tutte riferite non all'Italia. A parte il buffet ed i piatti pieni gettati nel pattume, tutte le altre situazioni all'estero non esistono, per lo meno non come descritto nell'articolo che, secondo me, è stato volutamente stigmatizzato... un articolo ferragostano, appunto!