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    Messaggio Da Annalisa Mer Lug 15 2009, 12:28

    Oggi voglio inaugurare una nuova idea, ognuno di noi vive in una città diversa e quindi ha un Santo Patrono che festeggierà.... bene oggi è Santa Rosalia la Santa Patrona di Palermo.... forse perchè non ho dormito bene a causa dei fuochi di artificio ma voglio raccontarvi la nostra storia.... e che dire Viva Palermo e Santa Rosalia!






    cli
    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino1_small
    Statua di Santa Rosalia davanti l'ingresso della Cattedrale di Palermo.
    [SANTO PATRONO DI PALERMO Festino2_small
    Vicolo Brugnò, di fronte alla Cattedrale, addobbato per un Triunfo.
    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino3_small
    Carro 2002:
    particolare del retro
    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino4_small
    Carro 2002:
    sullo sfondo il Palazzo Reale

    [SANTO PATRONO DI PALERMO Festino5_small
    Carro 2002:
    S.Rosalia sorregge lo stendardo del Comune di Palermo

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino6_small
    Carro 2002:
    altro particolare sul laterale del carro
    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino7_small
    Carro 2002: retroSANTO PATRONO DI PALERMO Festino8_small
    Carro 2002:
    altro particolare sul laterale del carro
    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino31_small
    Il carro con i musici

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino32_small
    ..i musici
    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino33_small
    Le sfilate...
    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino34_small
    ...i tamburellari

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino
    Palermo, fin dal 1625, festeggia ogni anno il trionfo della sua patrona, Santa Rosalia. Un’importante festa popolare nota come il “festino” poiché esso è considerato “a granni festa”, la grande festa, si svolge per cinque giorni, dal 10 al 15 luglio, e rappresenta il momento più alto dell’espressione popolare delle tradizioni e del folklore palermitano.
    Lo spazio urbano, nei secoli passati, si trasformava in una grande ribalta ove si succedevano in una mescolanza gioiosa, cerimonie pubbliche sia religiose sia civili e gare di decorazioni e d’illuminazione tra i vari quartieri.
    “A Santuzza miraculusa” è riferita a quell’anno maledetto, il 1624, in cui la morte nera falciava la popolazione di Palermo. Nessun rimedio umano era giovato ad arrestare il morbo, e le quattro Sante cui in quel periodo era ufficialmente affidata la protezione della città (Agata, Cristina, Oliva e Ninfa) non riuscivano a contenere il malefico male, né tantomeno i Santi Sebastiano e Rocco, ritenuti specialisti in guarigioni da peste bubbonica.
    La leggenda vuole che di Rosalia non si conoscesse nulla, tranne la sua origine, poiché essa visse in onore di santità, sfuggendo alla vita agiata della corte di Re Ruggero. Figlia di Sinibaldo di Quisquina e morta in data incerta in una grotta del Montepellegrino, successivamente trasformata in santuario, apparve ad un cacciatore, tale Vincenzo Bonello, diversi secoli dopo, gli indicò il luogo in cui giacevano le sue spoglie e gli disse di riferire all’Arcivescovo di Palermo di mettere insieme le sacre reliquie in un sacco e di portarle in processione per le strade della città.
    L’Arcivescovo Giannettino Doria, il 15 luglio del 1624, insieme a tutto il clero e con la partecipazione del Senato e di alcuni cittadini eletti, portò le reliquie in processione, e avvenne che, al loro passaggio, il male regredisse. Palermo in breve fu liberata dalla peste e, in segno di riconoscenza per tanto beneficio, il Senato palermitano si votò alla nuova Santa e decretò che in suo onore, ogni anno, i giorni della liberazione fossero ricordati come il trionfo della Santa, nel frattempo divenuta protettrice della città.
    L’anno successivo, il 1625, per ricordare il ritrovamento dei resti mortali della vergine eremita, questi furono riposti all’interno di uno scrigno, costruito per l’occasione da alcuni maestri argentieri e vetrai, con l’interno rivestito di velluto di color rosso gentile. Le spoglie, così adornate, furono trasferite dal Palazzo Arcivescovile alla cattedrale, percorrendo alcune strade del centro tra il gran tripudio popolare che, con il passare degli anni, fece sì che la festa diventasse sempre più solenne.
    Strumento fondamentale per la rappresentazione del trionfo è il carro, introdotto per la prima volta nel 1686, come ci riferisce il Villabianca,preceduto da quattro piccoli carri detti “macchinette”.
    Celebre la “muntagnedda d’oru” che porta l’immagine della Santuzza, dalle candide vesti, dal capo coronato di roselline, dal volto raggiante di bellezza.
    Le origini di tale manifestazione popolare sono riferibili all’antico trionfo romano, sorto per conferire la ricompensa più onorevole ad un supremo condottiero che avesse riportato una grande vittoria.
    Il riferimento è chiaro: La "Santuzza” si era prodigata tanto per la sua città e, a dimostrazione della gran venerazione, doveva essere considerata una regina ed essere portata in trionfo.
    Si progettò quindi una macchina scenica, nella quale l’arte barocca primeggiava, simulando un vascello, canone iconografico con cui si trasmise il morbo oscuro, decorato con pitture raffiguranti gli episodi della vita della Santa, con puttini e figure metaforiche. Esso trasportava musici e cantori ed era trainato da quaranta muli riccamente bardati, sostituiti da buoi negli anni successivi. Dopo il 1822, al centro del carro troneggiava una sorta di torre elegantemente decorata e, sul punto più alto di essa primeggiava l’effige statuaria della Santa; il tutto riccamente colorato in oro.
    Diversi architetti del Senato palermitano progettarono e si contesero instancabilmente l’incarico in quel periodo settecentesco: tra tutti, il famoso architetto Paolo Amato, che ideò la versione utilizzata anche negli anni recenti.
    Fu proprio lui a conferire al carro la forma di “vascello”. In altre occasioni varie macchine barocche tra cui quella del 1701, ripresa nel 1974 dall’architetto Rodo Santoro, furono costruite in modo da imitare palesemente i grandi vascelli settecenteschi.
    La configurazione di una nave barocca è l’idea dell'architetto Rodo Santoro; sulla nave, con la prua molto bassa ed un castello di poppa molto alto, per rendere tutto più visibile man mano che il carro procede tra le ali di fedeli, sono imbarcati i musicisti, e su un piedistallo posto sopra il castello di poppa trionfa la statua della Santuzza, con in mano il vessillo del comune di colore rosso e giallo.
    Quattro grandi ruote muovono il galeone che percorre l’antico Cassaro (Corso Vittorio Emanuele) trainato da una quadriglia di buoi. Il telaio portante è costituito da strutture metalliche, realizzate dalle Officine Meccaniche Regionali di Partanna Mondello, ed è in scatolato di ferro assemblato in parti facilmente smontabili per permettere di essere riutilizzato per ulteriori festini.
    Delle quattro ruote, anch’esse in ferro, due sono più grandi per permettere più stabilità dinamica durante la marcia. La struttura metallica è rivestita di fasciami in legno facilmente smontabili. Le parti a rilievo, i piastrini di balaustra, i corrimano modanati, le volute, i festoni, sono in parte realizzati in legno lavorato al tornio e in parte in materiale derivato da resine sintetiche. I “prigioni” ed i pannelli curvi con i trofei e le statue in resina sintetica sono attaccati al carro con legamenti di ferro. All’assemblaggio hanno partecipato tutti gli scenotecnici del teatro Massimo di Palermo, completando l’opera con la tinteggiatura con colori acrilici che imitano l’oro presso il laboratorio di Brancaccio.
    Il carro, durante gli avvicendamenti storici subì diversi cambiamenti: nel periodo in cui regnò la dinastia borbonica, ad esempio, il veicolo rappresentava l’opulenza della corte conservatrice, che intendeva così riscattarsi dalle varie sommosse politiche che si erano verificate durante il suo regno.
    La festa di Santa Rosalia, organizzata dal Senato palermitano per volontà dei governi borbonici, mantenne il carro a forma di vascello settecentesco illuminato da ceri fino al 1860, anno in cui la forma cambiò per far posto ad una sorta di vasca ornata da puttini e figure allegoriche che ascendono fino al punto più alto con l’immagine di Rosalia.
    Trentotto anni passarono dal lontano 1858, quando per motivi urbanistici si dovette appianare il Cassero e la tradizione interrotta, ma il motivo principale fu che il nuovo governo sabaudo voleva che si dimenticassero i propositi del vecchio governo borbonico.
    Il 1896 vide di nuovo il carro per le strade di Palermo. Intorno ad una proposta dello studioso Giuseppe Pitrè fu ricostruito, sul modello dell’anno 1857, una macchina smisurata per quel periodo: larga quattordici, lunga ventidue e alta trenta metri. E infatti, data la sua mole, non fu in grado di discendere il Cassaro e si limitò a percorrere le vie Libertà e Ruggero Settimo spingendosi sino alla Piazza Verdi, dove sostò.
    Nuovamente sospesa la festa per due lustri, fu necessario aspettare il 1924. L’occasione la diede il terzo centenario del ritrovamento delle sacre spoglie. La proposta fu di allestire un carro a forma di conca con al centro un pinnacolo alto alcuni metri, che permettesse d’essere accessibile e tenuto in posizione stabile. L’incarico fu affidato all’ingegnere Scibilia, il quale realizzò un carro alto venticinque metri, lungo venti e largo dieci. Centinaia di lampadine elettriche di differente colorazione lo rendevano luminoso e fulgente e all’interno di esso celebrò la messa trionfale il Cardinale Luardi, con la partecipazione ammaliata di una moltitudine di popolo.
    Successivamente, per altri trentaquattro anni, il tradizionale barroccio cadde nel dimenticatoio. Bisogna aspettare il 1958, anno in cui la "Marina", nella cosiddetta “villa a mare” accolse una costruzione immobile che faceva riferimento ai consueti carri, ma sia a quello del 1924 che a quest’ultimo mancava il tradizionale fascino del movimento.
    Veniamo in questo modo al 1974, anno in cui il comune di Palermo fa le cose in grande: il ritorno al classico, la gigantesca macchina d’imitazione settecentesca rielaborata dall’architetto Santoro ha una lunghezza di nove metri e larga sei e ha un’altezza di circa dieci metri; per ben due volte il carro discende il Cassero, per sostare nel terrapieno del Foro Italico.
    Il festino, ed in particolar modo il carro assieme al corteo storico, che rappresentano l’attrattiva principale, entra in un circuito internazionale; da questo momento i carri che si susseguiranno di anno in anno verranno riproposti in forma più scenografica, pur mantenendo la tradizione documentata per cui furono ideati. Quest’anno si ritorna all’antica: rivedremo la storica macchina settecentesca riproposta nel 1974.
    FONTE : www.palermoweb.com


    Ultima modifica di Annalisa il Mer Lug 15 2009, 12:51 - modificato 1 volta.
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    Messaggio Da Annalisa Mer Lug 15 2009, 12:30

    "U FISTINU" di Santa Rosalia (II parte)




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    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino20_small
    Cantastorie...

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino21_small
    ...musicanti per le strade di Palermo

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino22_small
    U mulunaru, vendita di angurie e meloni da mangiare sul posto

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino23_small
    U siminzaru, venditore di semi di zucca, nocciole, mandorle, lupini... all'ombra della Santuzza !

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino24_small
    Bancone di sementi e frutta secca

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino25_small
    U toccu ri birra: chi ne beve di più...

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino26_small
    A manciata ri babbaluci ! Un tocco di francesismo in piena borgata: lì si chiamano escargot !

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino27_small
    U tianu ri babbaluci !

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino28_small
    U turrunaru

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino29_small
    U gelatu ri campagna

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino30_small
    U meusaru
    <
    La festa continua con la stessa devozione e uguale infervoramento anche nei nostri anni dichiaratamente più moderni.
    Si sparano mortaretti sin dal primo mattino con le cosiddette alborate e le campane delle tante chiese del centro suonano a festa, i rintocchi della campana senatoriale del palazzo pretorio proclamano il nuovo giorno festivo.
    Davanti alle varie edicole votive, dedicate a Santa Rosalia, disseminate nei numerosi vicoli del centro, si recitano testi e canti della tradizione popolare, un omaggio in onore della Santa: “u triunfu“. Un amalgamino formato da contrabbasso, violino e mandolino accompagna i ponderati versi d’esaltazione.
    Anticamente questa particolare attività era praticata da una categoria di cantastorie e musicisti che venivano considerati veri e propri professionisti,. Essi erano per lo più “Orbi“, cioè ciechi, nati o divenuti tali, che sin da fanciulli venivano istruiti a suonare e cantare, per potere poi, da adulti, svolgere un’attività che procurasse loro un sostentamento. Nel 1661 essi si costituirono in congregazione, sotto il titolo dell’Immacolata Concezione. Ebbero un proprio statuto e la loro sede fu ospitata all’interno del convento gesuitico di Casa Professa. Nel loro repertorio poetico-musicale un posto di rilievo aveva il programma folklorico: in esso le memorie legate alla figura di Santa Rosalia, particolarmente quelle riferite alla sua vita terrena, erano molto richieste.
    Tutti in strada, l’emozione collettiva investe la folla e la avvolge, la travolge e la pressa, la miriade di luminarie dai multicolori accende i giubilanti, il carro con il suo lento camminare prosegue in direzione della Marina, al grido corale di “Viva Palermo e Santa Rosalia “!
    Il fronte del foro italico funge da proscenio, gremìto da tanta gente che canta, balla, mangia e ride e che viene senza accorgersi sospinta in quel luogo per assistere ai tradizionali “botti”, fantasmagorici fuochi d’artificio, che si concludono con la fatidica “masculiata” dopo la quale è facile udire tra la gente un mormorìo: “finieru i picciuli!”, per affermare che con quello spettacolo è finita la festa. I giochi pirotecnici impegnavano ogni anno in un’appassionante gara le ditte concorrenti Napoli e Calamìa. Una sfida all’ultimo colpo, è il caso di dire!
    “U’ jocu di focu” i fuochi d’artificio, le magiche girandole, le improvvise fioriture di razzi, capaci di disegnare nel cielo nero della notte il volto di Rosalia, pensoso e afflitto nel vedere questa città travagliata.
    Secoli fa il gran simbolo della festa erano proprio i fuochi di gioia, preparati su macchine alte e maestose che erano date alle fiamme; qui il fuoco svolgeva la sua azione purificatrice. Queste macchine infernali, apparati scenografici di grande effetto prospettico simulanti architetture irreali, furono utilizzate a Palermo intorno al 1650 ed erano state progettate da illustri architetti del Senato come Paolo Amato e Nicolò Palma. Due forme classiche barocche, a piramide e a sviluppo orizzontale, vero trionfo dell’effimero che si perderà alla fine dell’ottocento. Il piano del Palazzo Reale era la sede abituale ove venivano date alle fiamme. In un secondo tempo, nel periodo borbonico, queste macchine diaboliche furono trasferite nello spazio antistante la passeggiata a mare, nella cinquecentesca Strada Colonna.
    Diversi giorni prima si approntano al foro italico le numerose bancarelle, legate al più grossolano piacere del cibo e dei dolciumi in particolare. Anche in quest’espressione è presente la gioia che i palermitani manifestano per gratificare e onorare la Santuzza.
    Si consumano quintali di calia e simienza (ceci abbrustoliti e semi di zucca salati). Vediamo u’ siminzaro, cioè il rivenditore, la sua coloratissima bancarella apparata con le pitture dei carretti siciliani, bandierine tricolori, orifiamma, frange, cartoncini, festoni di carta d’ogni colore e stagnola luccicante, e ovunque, immancabilmente, troneggia l’effige della Santa nelle diverse immagini. Scompartite e ammucchiate sono esposte: ceci, simienza con le sue varianti: con sale e senza o poco, come la preferiscono i clienti, noccioline americane (arachidi), nocciole tostate, pistacchi, castagne secche (cruzzitieddi), carrube secche, favi atturrati (fave tostate) e i lupini tenuti a bagno nell’acqua salata in un recipiente di rame (quarara).
    Immancabile il deschetto dello sfincionaro, che con abilità taglia grosse parti di sfincione (focaccia di pasta molliccia lievitata, con salsa di pomodoro e cipolla a fette, pan grattato, cacio cavallo a pezzettini e acciughe salate) dalla teglia appena riscaldata, aggiungendo olio e origano; lo sfincionello variante di dimensione più piccola è messo in vista a pile e venduto a chi ne fa richiesta.
    Distesa calda sopra una lastra di marmo è preparata a vista la cubaita, dolce di zucchero durissimo, che una volta raffreddata si stacca e si taglia a porzioni con un grosso coltello.
    I "bubbuluna", la "inciminata", la "mandorlata" e la "nocciolata", sono messi in vendita dai “turrunara”. Il loro pezzo forte è il tradizionale “gelato di campagna”, sorta di torrone tenero, fatto di zucchero, pistacchi e coloranti, che ammicca dai ripiani delle bancarelle con i colori del tricolore italiano. Nonostante il passare degli anni, resiste alla tradizione e si presenta come un classico dell’antica arte pasticciera palermitana.
    Il panellaro, oltre a preparare i classici panini con le panelle (con o senza crocché), si è adattato al presente, offrendo gustose pagnottelle con salsiccia di maiale arrostita alla brace, mozzarella e pomodoro e cartocci con wurstel impiastricciati da salse, accompagnati da un buon fresco bicchiere di vino o birra.
    Continuo e ritmato è il gesto di colui il quale vende il pane “ ca’ meusa”. Dal recipiente di rame dove cuoce milza e polmone spezzettati in strutto (saimi) con la forchetta distende su una pagnotta appositamente preparata, le parti di milza coprendole di scannaruzzato e fettine di polmone, strizzando poi la pagnottella e accompagnandola con una manciata di formaggio (caciocavallo) o ricotta, la celebre “schetta” o “maritata”.
    Altri gesti particolari compie il venditore di fichi d’india: estraendo prima i frutti dalla tinozza piena d’acqua fredda, ove vengono tenuti per neutralizzare le fastidiose spine, si accinge poi al taglio tradizionale: i due laterali del frutto sono tolti tagliandoli completamente; orizzontalmente poi s’incide la superficie e, tirando i due lembi si estrae la succulenta polpa dai diversi colori. Un piattino o due, o una dozzina, secondo la richiesta.
    Al tavolo del “purparu” si consumano, abbondantemente innaffiate col limone, cozze bollite e scoppiate, ostriche e ricci, questi ultimi accompagnati dal pane. Sopra il bancone, una fila di piatti luccicanti aspetta di vedere sminuzzato un bel polpo dai grossi tentacoli, bollito all’interno di una gran pentola, una volta di creta.
    Per il palermitano doc, non è Festino se gli vengono a mancare i “babbaluci e u’ muluni”. Il naso all’insù verso il cielo, seduto comodamente su una seggiola, mentre guarda i botti, gusta quasi infastidito i babbaluci (lumache) e non ha importanza se sono conditi con aglio soffritto e spolverate con il prezzemolo o “a’ picchi pacchi” (salsetta di cipolla e pomodoro fresco e aromatizzare da pepe nero), l’importante che non manchino, comprati nella bancarella occasionale allestita per l’evento oppure portati da casa. La porzione tipo è il “piattino”: quanti di questi…. i palermitani possano far fuori nella notte del festino non si sa ma è sicuro che ne saranno consumate a tonnellate.
    La postazione di “muluna” (anguria) è riconoscibile dalla “montagna” d’angurie accatastate che, a richiesta del cliente, vengono palpate dalla parte del deretano per verificarne la maturazione. Poi vengono tagliate a grosse fette e di traverso in modo da ottenere parti allungate: Nel mangiarle la caratteristica è di: “manci, vivi e ti lavi a facci”, un unicum per questo tipo dì frutto.
    In quest’elenco non possiamo trascurare il gelato, una delle principali glorie dolciarie del palermitano e della Sicilia, presente in una gran varietà di tipi e di sapori. Dal semplice cono gelato, ai gelati imbottiti, ai gelati a pezzo consumati nelle varie gelaterie disseminate al foro italico tra cui l’antica gelateria Ilardo. Fra le essenze più tipiche troviamo il gelato di gelsomino, di scorzonera e cannella, il gelato di fichi d’india e l’ottimo caffè con la panna.
    I vari deschetti contribuiscono a dissetare la gente. Aranciate, coca cola, gassose hanno il compito di rinfrescare e accompagnare la digestione ma per il vino e la birra la cosa è diversa: alcuni, ritirati nelle vecchie bettole rievocano un’antica tradizione che è sfida di taverna, gioco riservato ai maschi, nato col vino, prosegue con la birra.
    Gioco perverso e cattivo, è il “tocco”, titillamento della voglia e della rabbia, perché se c’è un “patruni” che decide chi debba bere e quanto, c’è anche un “sotto” che ratifica la decisione: insomma, la disgrazia di chi perde è sfaccettata, si può bere troppo o non bere per nulla, e qui sta il bello, che conduce a facce sconsolate o visi troppo allegri.
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    Messaggio Da Annalisa Mer Lug 15 2009, 12:31

    "U FISTINU" di Santa Rosalia (III parte)




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    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino35_small
    L'Arcivescovo di Palermo, alla processione del 15 luglio

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    Le reliquie di Santa Rosalia portate in processione (custodite alla Cattedrale)

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    Una piccola devota
    in abiti tradizionali

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino38_small
    La divisa storica della
    Polizia Municipale

    SANTO PATRONO DI PALERMO Festino40_small
    Lo stendardo della
    congregazione
    <
    Conclusasi la parte laica delle celebrazioni in onore della Santuzza, il quinto e ultimo giorno è dedicato alla parte religiosa.
    La mattina del 15, l’Arcivescovo di Palermo celebra il Solenne Pontificale alla presenza delle varie Autorità civili e militari, l’autorità Senatoriale cittadina con il suo Sindaco rinnova il patto di fede contratto con la venerabile Santa sin dal lontano 1625, anno del rinvenimento delle sacre ossa.
    Fulcro delle celebrazioni, questa volta, è l’urna argentea contenente le sacre reliquie, conservate durante tutto l’anno nella cattedrale accanto all’altare maggiore, allestito dopo la settecentesca trasformazione del Fugà.
    Quest’arca monumentale, realizzata nel 1631 dagli argentieri palermitani su disegno dell’architetto del Senato Palermitano, Mariano Smeriglio, venne a sostituire l’originaria, realizzata per l’occasione dei festeggiamenti del primo “festino” del 1625, per dare una sistematica posizione alle 27 reliquie. Queste, ricoperte di cotone idrofilo e riposte in un cofanetto rivestito di velluto rosso, vennero introdotte all’interno del nuovo reliquiario a sarcofago che nello stesso tempo divenne un apparato atto all’uso processionale.


    Ad essa fu conferita una semplice forma rettangolare, suddivisa in tre parti: la base, un corpo centrale e la copertura apicale.

    La base, che funge da supporto, viene successivamente adagiata nella “vara” vera e propria ed è costituita da una pedana alquanto compatta nella quale s’innesta un fusto centrale che regge l’intera opera. A livellare il peso, ai quattro spigoli sono posti dei putti alati nudi, in posizione eretta, che utilizzano una mano per sorreggere l’urna mentre con l’altra impugnano uno scudo nel cui campo vi è cesellato il classico simbolo della Santa: la rosa. In entrambi i fianchi laterali sono poste due aquile cinte di corona (emblema della città di Palermo) con le ali spiegate, e con gli artigli sorreggono un gran cartiglio dove sono trascritte alcune dediche dell’allora Arcivescovo Giannettino Doria e del Viceré Filippo IV.

    Il corpo centrale dell’arca è il sarcofago in cui è contenuta la custodia con le reliquie. Esternamente, su ognuna delle quattro facce vi è un quadro scenografico in cui sono raffigurate scene della vita di Santa Rosalia; in una in particolare la santa è effigiata in estasi amorosa, mentre offre a Maria una corona di preci, in un’altra mentre abbandona la reggia per ritirarsi nella Quisquina, donde poi un angelo la guida al Pellegrino. Ai lati di questi quadri, seduti in posizione esterna verso la frappa inferiore, sostano due angioletti a reggere la scena.

    La balza superiore oggi presenta agli angoli quattro cerofori ,aggiunti in tempi recenti. Sulla parte sovrastante, a piramide, sono presenti quattro scene, inerenti alla vita della Santa, e intercalate da testine di cherubini alati.

    La parte apicale termina con una statuetta della Santa in abiti monacali e con sul capo la caratteristica corona di rose, nell’atto di schiacciare un drago.

    Opera suprema di un’equipe d’artisti, costò al Senato palermitano 8.321 onze e per la cassa furono adoperati 412 kg. d’argento purissimo.

    Anticamente era trasportata a spalle da 62 confrati della Pia Congregazione di Maria SS. Annunziata, della categoria dei fabbricatori (tale privilegio fu acquisito, secondo la tradizione, per via del notevole peso dell’urna e della forza che era necessaria per sollevarla: e a quell’epoca solo i Muratori ne avevano i requisiti). In un secondo tempo la confraternita prenderà il nome “di Santa Rosalia” per via dell’aggregazione di altre confraternite, avvenuta nel 1911.

    Al presente la confraternita ha la sede nella chiesa dei Quattro Coronati al Capo. I capitoli stilati all’epoca fanno obbligo ai confrati si condurre in processione la preziosa urna della nostra concittadina Santa Rosalia fin dal lontano 1750. Il sodalizio, votato al culto della Vergine del Pellegrino, continua ancora oggi la sua finalità per cui fu istituito. La presenza dei confrati durante lo svolgimento del festino, è un segno tangibile della loro devozione verso la Patrona.
    I confrati e le consorelle vestono un abitino nero bordato di blu, sul cui dorso presenta una placca rappresentante Santa Rosalia, e celebrano la loro festa la prima domenica di settembre portando in processione un simulacro ligneo dell’Eremita intagliato da Giuseppe La Rizza nel XIX secolo.
    Alla processione partecipa, per diritto acquisito, la confraternita di Santa Rosalia dei Sacchi costituitasi nel 1635 per volontà del sacerdote Giuseppe Bonfante, dietro approvazione del Cardinale Giannettino Doria Essa era formata dalla categoria dei varberi e scarpari i cui capitoli furono approvati dalla Curia nell’agosto 1636. Prerogativa della confraternita, è di essere votata al culto della Santuzza, fin dal momento in cui furono portate in corteo al Palazzo Reale l’urna di Santa Cristina e il dipinto con Santa Rosalia. Quest’ultimo era, e lo è ancora, posseduto dai Gesuiti di casa Professa, ed era condotto in processione da quattro uomini che indossavano un vestito di sacco e dipinto.
    Dall’abbigliamento adottato nacque la denominazione della confraternita; i confrati per un lungo periodo continuarono ad indossare un sacco di tela “naturale” e sulle spalle reggevano un mantello di “lanette” che recava una croce bianca con in mezzo un’effige di Santa Rosalia. Questa veste fu indossata durante celebrazioni particolari. I tempi più recenti anch’essi hanno adottato un abitino nero bordato di blu e, dopo vario peregrinare, hanno stabilito la loro sede nella chiesa di Santa Maria della Pietà alla Kalsa. La seconda domenica di settembre festeggiano la Santa.
    Costantemente attiva rimane a Palermo la devozione nei confronti di Santa Rosalia e ancora nel nostro secolo nascono nuove confraternite ad essa dedicate: quella della chiesa di San Giacomo dei Militari al Corso Pietro Pisani, la cui fondazione risale al 1919 e, quella del Marabutti, del 1934. Entrambe onorano la “Santuzza” la prima domenica di settembre (vogliamo ricordare che, da calendario, Santa Rosalia viene festeggiata il 4 settembre).
    Partecipare al corteo, in passato, era quasi un obbligo di tutte le corporazioni. Trattandosi della Patrona della città, esse, oltre ad essere rappresentate fisicamente, conducevano grossi ceri e vari stendardi ed era consuetudine portare con sé i fercoli (le “vare”, appunto) con le statue dei propri Santi. Esse partecipavano secondo un ordine di progressione emanato dal Senato strettamente legato alla processione di Santa Rosalia.
    L’avvenimento richiama molto popolino, i devoti aspettano con ansia il passaggio dell’urna, perché ognuno, nell’intimo, ha qualcosa da chiedere alla Santa, e la folla sui balconi è sempre pronta ad omaggiarLa con petali di rosa.
    Per onorare il transito dell’urna, si dispose, nei tempi passati, di organizzare delle temporanee architetture, drappi, altari e paramenti d’ogni sorta: Queste venivano commissionate da civili che intendevano ornavano i loro palazzi, che si affacciavano sul percorso della processione, con rivestimenti di tessuti pregiati. A ciò contribuivano anche vari altri ordini religiosi e le Nazioni presenti a Palermo.
    Ancora una volta la processione prende il via dall’ingresso principale della chiesa Metropolitana e si snoda lungo la più antica arteria della città, ripercorrendo l’itinerario che presumibilmente le reliquie della Santa compirono al loro rientro a Palermo dal Pellegrino, allorché la loro presenza fece miracolosamente cessare l’epidemia di peste.
    Oggi come allora la cittadinanza affida al loro miracoloso potere il compito di risolvere ogni sorta di problema, dal malanno fisico alla pena amorosa, fino alla piaga della mafia.
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    GMT + 9 Hours Re: SANTO PATRONO DI PALERMO

    Messaggio Da london.84 Mer Lug 15 2009, 15:50

    Mamma mia, ma quanto mangiate in questo giorno??? Io ho avuto la fortunissima di assistere a metà agosto a Sant'Agata a Catania. Non lo dimenticherò mai. Voi lì al sud vivete queste feste con maggiore devozione, l'atmosfera è veramente spettacolare.
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    Messaggio Da Enrica Mer Lug 15 2009, 17:53

    Il due agosto qui a rosolini, in provincia di Siracusa sarà S. Luigi...il patrono...non vedo l'ora....
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    Messaggio Da Annalisa Mer Lug 15 2009, 18:22

    Enrica ti va di descrivere magari non come ho fatto io per tre pagine cosa si fa in quel giorno?
    E tu Alex mi racconti come si chiama il Santo patrono della tua città e come festeggiate?
    Vale
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    Messaggio Da Vale Mer Lug 15 2009, 18:23

    il santo di Padova è passato da poco... mannaggia!!! era il 13 luglio!!!!
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    Messaggio Da Annalisa Mer Lug 15 2009, 18:24

    13 Luglio? non è S. Antonio?
    e che fate dimmi dimmi
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    GMT + 9 Hours Re: SANTO PATRONO DI PALERMO

    Messaggio Da Ospite Mer Lug 15 2009, 18:43

    Mentre da me il Sato Patrono è la Madonna della Croce e San Rocco....la madonna della croce la festeggiano il giorno della festa della mamma cioè l'ultima domenica di maggio mentre San Rocco è il 16 aprile...giusto tra un mese...ma non faranno niente di chè,cioè è festa per diversi giorni ma quest'anno non faranno venire il cantante..la novità di quest'anno che al paese faranno venire Santa Elena e la festeggeranno il 18..Domani mentre è la Madonna del Carmelo e faranno la processione ed è festa per tre giorni ma io non ci vado,andrò solo un pò alla processione...
    Se fossimo vissuti tra il 1300 ed il 1600, avremo
    conosciuto bene la storia di questo santo pellegrino, uno dei più
    famosi in tutto l'Occidente come protettore e guaritore dei malati di
    peste, che proprio in questi secoli stava condizionando la vita e la
    morte nel mondo intero: le epidemie di peste furono capaci di
    cancellare l'esistenza di un terzo della popolazione dell'Europa.
    Il paradosso è che, a fronte della sua estrema popolarità, poche sono
    le notizie sulla sua vita, tanto da essere da taluni messa in dubbio la
    sua esistenza, ma la Chiesa lo canonizza ufficialmente, intorno al
    1600, per mette "ordine" al culto popolare.
    Nasce tra il 1345/50 a Montpellier (Francia), in una famiglia
    benestante, forse nobile, cristiana. Vive in un mondo segnato dal
    flagello della peste (in due anni muoiono in Europa 20 milioni di
    persone) e nel quale la Chiesa attraversa un grande momento di crisi.
    All'età di 20 anni resta orfano di padre e madre e decide, forse
    spronato dalle ultime parole del padre morente, di seguire Gesù Cristo.
    Forse entra nel terz'ordine francescano, quindi lascia tutti i suoi
    beni, veste l'abito da pellegrino e parte per Roma. Durante il suo
    pellegrinaggio si dedica alla assistenza e guarisce molti malati di
    peste in modo miracoloso. La sua fama di guaritore si diffonde. A
    Piacenza si ammala anche lui. Soffre così tanto che è allontanato
    dall'Ospedale perché "disturba" con i suoi lamenti.
    Resta solo in un bosco dove verrà salvato da un cane che gli porterà
    pane tutti i giorni. Il padrone del cane, Gottardo, incuriosito dal suo
    comportamento, lo seguirà e così conoscerà e diventerà poi il suo unico
    discepolo.
    Ripartito verso Montpellier, in un località non nota (probabilmente in
    Italia) viene fermato e sospettato di spionaggio. Verrà messo in
    prigione perché si rifiuterà di dire il suo nome, in quanto aveva fatto
    voto di non rivelarlo per non godere dei benefici derivanti dalla sua
    nobiltà. Lì rimarrà, per 5 anni, morendovi il 16 agosto tra il 1376 ed
    il 1379.
    Dopo la sua morte, per possedere le sue reliquie e godere dei favori
    della sua protezione, non si farà scrupolo di trafugare il corpo del
    santo dalla chiesa di Voghera e portarle a Venezia. In seguito, una
    reliquia del santo verrà donata a Montpellier. In Italia quasi 60
    località portano il suo nome e a lui sono dedicate oltre tremila tra
    chiese, oratori e luoghi di culto.
    Caratteristiche della sua iconografia: uomo in età adulta, il vestito
    da pellegrino, con il cappello a larghe falde, il cane che gli porta il
    pane, un segno (in genere sulla coscia sinistra) della peste da lui
    contratta.
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    GMT + 9 Hours Re: SANTO PATRONO DI PALERMO

    Messaggio Da cucciolasdb Mer Lug 15 2009, 19:08

    annalisa appena avrò un pò più di tempo ti racconterò sia del santo patrono di bari che del santo patrono del paese della provincia dove vivo io!
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    Messaggio Da Enrica Mer Lug 15 2009, 19:33

    Annalisa ha scritto:Enrica ti va di descrivere magari non come ho fatto io per tre pagine cosa si fa in quel giorno?
    E tu Alex mi racconti come si chiama il Santo patrono della tua città e come festeggiate?
    Ma certo che lo farò...domani cerco anche qualche spunto su internet e vi racconterò tutto...poi annalisa mi devi insegnare come si inseriscono le foto nei post così le metto quando ci sarà la festa...
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    Messaggio Da Enrica Mer Lug 15 2009, 19:41

    Incomicio a lasciare un articolo scritto da un giornale Siciliano di provincia.....articolo di qualche anno fa


    Rosolini si accinge a festeggiare San Luigi Gonzaga





    Con la riqualificazione di piazza Garibaldi, il salotto buono di Rosolini la cittadina elorina del carrubo si prepara a celebrare degnamente il suo Patrono San Luigi Gonzaga, che in paese si festeggia nel mese di agosto - quest'anno il cinque - per permettere ai numerosi rosolinesi residenti all'estero di darsi appuntamento nel paese natio per assistere alla festa del Santo - del quale la chiesa madre custodisce peraltro una reliquia preziosissima, la mandibola - e per rivedersi con gli amici e con i parenti rimasti. San Luigi Gonzaga (Castiglione delle Stiviere, 9 marzo 1568 – Roma, 21 giugno 1591) è stato un religioso italiano. Figlio del marchese Ferrante Gonzaga e di Marta Tana di Santena, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Nacque nel castello di famiglia, primo di sette figli, erede del titolo, fin dalla prima infanzia venne educato alla vita militare. Nel 1580 ricevette la prima comunione da Carlo Borromeo in visita a Brescia e nel 1581 si recò a Madrid per due anni, come paggio di corte (il padre era al servizio di Filippo II di Spagna). Studiò lettere, scienza e filosofia, lesse testi spirituali e relazioni missionarie, pregò e maturò la sua decisione di farsi gesuita e, malgrado il padre fosse contrario, a 17 anni entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù a Roma, dove studiò teologia e filosofia. Nel 1590/91 una serie di malattie infettive uccisero a Roma migliaia di persone inclusi i papi (Sisto V, Urbano VII, Gregorio XIV). Luigi Gonzaga, assieme a Camillo de Lellis ed alcuni confratelli, si impegnò a supportare i contagiati dalle conseguenze dell’epidemia. Malato da tempo, dovette dedicarsi solo ai casi non contagiosi, ma, trovato in strada un appestato, se lo caricò in spalla e lo portò in ospedale. Pochi giorni dopo morì all’età di soli 23 anni. Il suo corpo è tumulato nella chiesa di Sant’Ignazio a Roma, nello splendido altare barocco di Andrea Pozzo e Pierre Legros , mentre la sua testa è conservata nella basilica a lui intitolata a Castiglione delle Stiviere.
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    Messaggio Da Annalisa Mer Lug 15 2009, 20:28

    Enrica per inserire le immagini leggi QUI il messaggio nr. 2.
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    Messaggio Da london.84 Mer Lug 15 2009, 21:37

    Il Santo patrono di Padova, Sant'Antonio, è il 13 giugno!
    Il patrono di Vicenza è la Madonna di Monte Berico, l'8 settembre... da Monte Berico si può vedere tutta la città, il panorama intero... si festeggia con una grande fiera, la sagra e quant'altro... ma, ignoranza mia: non l'ho mai festeggiata!
    Curiosità: lo sapevate che i vicentini sono chiamati "magnagati" per il fatto che dopo la peste del '600 mangiavano i gatti?
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    Messaggio Da cucciolasdb Mer Lug 15 2009, 23:23

    ah...ecco da chi hai preso l'amore per i gatti london!
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    Messaggio Da london.84 Mer Lug 15 2009, 23:29

    Eh eh! I gatti ci sono stati prestati nel '600 dai veneziani, però poi i vicentini non li hanno più restituiti!
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    Messaggio Da cucciolasdb Mer Lug 15 2009, 23:33

    comunque quì le feste patronali durano 3 giorni...inizio con il descrivervi quella di bari che è la più importante...la festa di S Nicola
    Sul calendario S Nicola si festeggia il 6 dicembre, ma la festa patronale quì è l'8 maggio e ci sono tantissime cose caratteristiche...Prima di tutto processioni che vanno anche a tempo di musica con la statua del santo, poi nel pomeriggio dell'8 maggio sul cielo di bari sfrecciano le freccie tricolore (stupende) e un'altra cosa caratteristica è l'arrivo della caravella nel porto di bari con il quadro di s nicola, se non erro per rievocare l'arrivo delle spoglie del santo a bari....
    Questi tre giorni di festa sono ocntornati da musica, bande e cibi cratteristici tra cui:
    1)sgagliozze (non so se sapete cosa sono....)si tratta di pezzi di polenta fritta
    2)in'ghimmridd (non so se si scrive così) che sono involtini di interiora (fegato, polmone etc etc) legate da budella...a dirlo fa schifo..ma arrostite con un pò di alloro sono una delizia!
    3)polpo arrosto
    e ovviamente tutte le bancarelle che hanno ben poco a che fare con la festa....tra l'altro ogni anno in una delle vie principali del centro si mette sempre un signore che disegna sull'asfalto s nicola in dimensioni gigantesche!
    Altro dettaglio importante...da buona barese l'8 maggio è anche il mio compleanno...quindi non festeggio mai me stessa, ma festeggio s nicola..hiihhiihih
    Foto non ne ho....ora ne posto qualcuna che trovo su internet su s nicola e sulla festa!
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    Messaggio Da cucciolasdb Mer Lug 15 2009, 23:36

    SANTO PATRONO DI PALERMO San-nicola-di-bari

    questa è la statua di s nicola al poto di bar...notate il sindaco sullo sfondo! Laughing

    SANTO PATRONO DI PALERMO Basilica-di-san-nicola-di-bari

    questa è la basilica di s nicola nel centro storico di bari, che tutti confondono con la cattedrale che è a pochi passi...Qusta non è la cattedrale, ma la Basilica! (tra l'altro questa è la chiesa dove io vorrei sposarmi Very Happy )

    http://www.mondodelgusto.it/wp-content/uploads/2008/03/festa-san-nicola.jpg

    qusta è un'immagine della festa
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    Messaggio Da cucciolasdb Mer Lug 15 2009, 23:37

    dimenticavo un'altra cosa....elemento fondamentale della festa sono i fuochi d'artificio per tutti e tre i giorni....il 9 c'è una vera e propria gara di fuochi pirotecnici!
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    Messaggio Da Vale Gio Lug 16 2009, 09:26

    esatto, Sant'Antonio è il 13 giugno... diciamo che qui a Padova con gli anni la festa sta iniziando a perdere la sua importanza e non vi dico quanto mi dispiace... comunque c'è il luna park per un mesetto, dove ormai però girano solamente clandestini e zingari... e il giorno della festa viene fatta una bellissima processione, dove compaiono tutti i macellai di Padova vestiti come nel medioevo e traportano la statua del Santo. Poi seguono un sacco di associazioni di volontariato, la banda del paese, le crocerossine... ah, dimenticavo che da qualche anno a questa parte a maggio fanno una maratona, chiamata la "maratona del Santo". E la sera, dopo la manifestazione, c'è un concerto organizzato da Radio Italia in Prato della Valle, con ospiti tutti i cantanti di San Remo... quest'anno però non l'hanno fatto.
    La basilica del Santo è un luogo di culto molto importante... a Londra ho visto un quadro con Sant'Antonio e ne sono andata fiera!!! tutti gli anni è pieno zeppo di turisti, specialmente i gruppi rom e nomadi che sono devoti a Sant'Antonio... la basilica è stupenda da visitare anche per chi non è credente, visto che è un insieme di opere e dipinti stupendi, c'è pure il soffitto coperto d'oro... ci sono dei chiostri bellissimi, l'orto botanico... è una metà fondamentale di ogni turista!
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    Messaggio Da Enrica Gio Lug 16 2009, 17:36

    Grazie mille Anna....appena avrò le fote le pubblecherò
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    Messaggio Da cucciolasdb Ven Lug 17 2009, 00:33

    vale io ci sono venuta 4 anni fa e ne sonbo rimasta incantata....quella di s antonio è l'unica immagine di santo che porto nel portafogli...ho poi un affetto particolare, visto che i miei si sono sposati il 13 giugno!
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    Messaggio Da Vale Ven Lug 17 2009, 09:24

    ma dai!! che bello, che piacere!!!! sono contenta che ti sia piaciuto! che peccato che non ci conoscevamo prima, altrimenti ci trovavamo!!!!
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    Messaggio Da cucciolasdb Ven Lug 17 2009, 10:22

    eh lo so....avevo appena compiuto 18 anni e mia zia mi propose di andare con loro in vacanza 5 giorni sul lago di garda...quindi 2 giorni a gardaland e il resto abbiamo girato...e con padova è stato amore a prima vista...una città tranquillissima, pulita!la basilica poi una chicca!
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    Messaggio Da Vale Ven Lug 17 2009, 11:46

    bhè, mi dispiace informarti che da qualche anno a questa parte Padova è andata parecchio giù... c'è molta clandestinistà, molta delinquenza, pochi controlli... diciamo che ci sono delle zone, proprio non lontano dal centro dove dopo una certa ora si ha paura a passare. Non sai quanto mi dispiace... ha mille cose belle Padova, il famoso caffè Pedrocchi, Prato della Valle, il Santo, la zona termale di Abano Terme... e mi dispiace che stiamo veramente scendono in basso!!!

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